“Visita la nostra pagina Facebook! Siamo su Youtube, Twitter e LinkedIN!”. La crescente applicazione dei social media in ambito aziendale e gli ottimi risultati ottenuti, stanno alimentando un intenso dibattito circa modalità, estensione e ambiti di utilizzo dei social network.
Da un lato si è affermata l’idea per cui mantenere un contatto diretto e proficuo con i consumatori rappresenti un’incredibile 0pportunità. Dall’altro lato, invece, sussistono alcune aree di rischio per l’azienda che possono essere sinteticamente riassunte e collocate in tre ambiti: perdita di produttività del personale aziendale, diffusione di informazioni confidenziali, danni all’immagine aziendale. Si sta quindi affermando la prassi per cui le imprese o le amministrazioni debbano predisporre un apposito documento denominato Social Media Policy (SMP) che ha l’obiettivo di ridurre al minimo i rischi connessi all’utilizzo aziendale dei social network. Una Social Media Policy supporta, incentiva e favorisce un engagement di alta qualità. Viceversa, una Social Media Policy fatta male limita, restringe e disincentiva il social media engagement, esattamente l’opposto di quello che il business cerca.
Aree di rischio indefinite
Le policy afferenti l’utilizzo dei social media sono anomale. Nella maggior parte dei casi queste documentano che cosa il personale aziendale dovrebbe fare all’occorrenza di taluni accadimenti (definiti e definibili, codificati): “se succede questo, allora fai quella cosa”. In ambito social, non è di fatto possibile conoscere esattamente e codificare tutte le potenziali situazioni che insorgeranno o normare puntualmente il miglior modo per affrontare tali eventi. Ogni social network e ogni relazione sono unici, e l’ambiente dei social media cambia quotidianamente.
Giurisprudenza e dottrina attualmente vivono un processo di interpretazione delle normative specifiche esistenti e dell’applicabilità delle leggi “tradizionali” però in ambito social. La sensazione è che dovrà trascorrere ancora un lungo periodo prima che questo processo sia completato o raggiunga un buon grado di maturità.
Fino a quel momento, le aziende e le organizzazioni sono chiamate a operare senza avere un quadro normativo definitivo e completo. Gli ambiti di potenziale criticità sono molteplici: spamming, violazione della privacy, confidenzialità dei dati, immagine aziendale, relazioni sindacali, svilimento del brand, comunicazione distorta, etc etc. Ma la premessa è al contempo scoraggiante e sfidante: “data l’incertezza del contesto generale e la non possibilità di definire chiaramente e completamente le aree di rischio, cosa si può fare?”.
Nei 10 punti successivi alcune indicazioni su come predisporre una “buona” Social Media Policy (SMP)
1. Scrivete in modo chiaro: le policy non devono essere necessariamente lunghe e scritte in “burocratese”.
L’obiettivo della SMP non è solo quello di tutelare l’azienda in caso di giudizio, ma quello di essere conosciuta, evitando il contenzioso con soddisfazione di tutti: impresa, dipendenti e consumatori.
2. Definite l’obiettivo: chiarire (e aver chiaro) cosa vogliamo ottenere attraverso i social media e per quale motivo. Quali sono le aspettative dell’azienda?
3. Create due policy: la policy interna, per i dipendenti che utilizzano i social per attività aziendale, più strettamente focalizzata su ruoli e responsabilità, branding guidelines, team social o policy aziendali. Quella esterna, per i dipendenti che ne fanno un utilizzo personale, fornisce indicazioni su quali informazioni aziendali possono o non possono essere condivise durante le conversazioni personali o nei propri siti personali. Considerate che il “cyber ambiente” cambia frequentemente, incessantemente, quindi la social policy dovrebbe essere rivista e aggiornata almeno ogni sei mesi.
4. Promuovete la trasparenza: i dipendenti devono essere onesti e trasparenti e fornire informazioni precise e veritiere. E’ fondamentale che non vi siano dubbi circa la fonte: univocità sull’identità e sull’azienda di appartenenza e se la conversazione è effettuata in nome dell’azienda (riportando opinioni e informazioni dell’azienda) oppure a titolo personale (bacheca o profilo personali).
5. Difendete le informazioni confidenziali e proprietarie:
ancorché possano già esistere manuali per i dipendenti a questo riguardo, e opportuno ribadire che vi sono informazioni confidenziali. Queste linee guida aiuteranno il dipendente a capire cosa e confidenziale (ad esempio informazioni su clienti e concorrenti) e cosa invece può essere pubblicato e diffuso.
6. Preparate il vostro personale: la policy dovrà includere una guida su come gestire domande o richieste che possono arrivare al personale che online è riconosciuto come dipendente dell’azienda.
7. Ricercate il giusto equilibrio: definite la situazione ottimale tra imporre restrizioni (come twittare o bloggare durante l’orario di lavoro) e affidarsi completamente alla capacità di giudizio e del buon senso dei vostri dipendenti.
8. Definite le conseguenze in caso di violazione: cosa succede al dipendente in caso di violazione della policy o del codice etico? In azienda esistono già documenti specifici: si tratta di esplicitare l’applicazione in ambito social e integrare se necessario.
9. Formate i dipendenti: i confini tra le nostre vite professionali e personali, di fatto, sono esili e si assottigliano sempre di più. Alcuni dipendenti possono non avere realizzato appieno implicazioni e ricadute di un livello di privacy sempre minore. Potrebbe essere necessario sviluppare programmi di formazione sulle modalità di protezione dai reati informatici e di mantenimento della reputazione on line. Un ultimo piccolo suggerimento: è preferibile non riempire le policy di divieti ma spiegare a dipendenti e utenti quali sono i comportamenti corretti. Le policy più rigide, solitamente, sono le meno efficaci.
10. Non imponete il documento dall’alto. Le Social Media Policy, di norma, sono scritte dagli uffici del personale con l’aiuto di qualche consulente legale. E’ una buona prassi che tuttavia, prima di adottare definitivamente il documento, questo sia condiviso anche con i dipendenti, chiedendo il loro feedback: vi stupirete di quanti spunti interessanti riceverete.